Nasce il Movimento Sociale Italiano – 26 dicembre 1946

MSIIl MSI, Movimento Sociale Italiano, nasce ufficialmente a Roma, nello studio dell’ex vicefederale romano, il ragionier Arturo Michelini. Lo scopo è quello di raccogliere le forze fasciste disperse dopo la fine della Guerra e in parte, provvisoriamente, confluite nel partito dell’Uomo Qualunque, creato da Guglielmo Giannini per contrastare l’egemonia dei partiti del Cln. Tra i fondatori del movimento alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana: Pino Romualdi, Giorgio Almirante, Cesco Giulio Baghino e Mario Cassiano. Come simbolo del partito, Giorgio Almirante propone l’adozione della fiamma tricolore. Il MSI rappresenta dunque il punto d’incontro dell’azione politica per unificare le varie forze, del Movimento italiano di unità sociale (Mius) costituito da Mario Cassiano con Giorgio Almirante, Giorgio Bacchi, Cesco Giulio Baghino, e del Fronte dell’Italiano costituito da Giovanni Tonelli.  Sin dalla prima riunione del gruppo, viene fissata la linea politica del nuovo partito in “Dieci punti programmatici”. In politica estera si rivendica l’unità, l’integrità, l’indipendenza nazionale auspicando però la nascita di una unione europea su basi di parità e giustizia; in politica interna si chiede il ristabilimento dell’autorità dello Stato, la soppressione della legislazione eccezionale, il referendum nei riguardi della Costituzione e del Trattato di pace, il rispetto dei Patti Lateranensi; sul piano economico-sociale si riconosce la proprietà individuale, si afferma la giuridicità dei sindacati e si auspica la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili dell’azienda. Come simbolo del partito, Giorgio Almirante propone l’adozione della fiamma tricolore, traendo l’ispirazione dalle associazioni combattentistiche.

Il 15 giugno 1947 si riunisce per la prima volta il Comitato centrale che, riconosciuta conclusa la fase costitutiva del partito, elegge la Giunta esecutiva nazionale di cui fanno parte per la segreteria politico-amministrativa: Giovanni Tonelli, Giorgio Almirante e Arturo Michelini; per il settore sociale e sindacale Manlio Sargenti; per il settore combattenti e reduci Nino De Totto; per la stampa e la propaganda Mario Cassiano; i problemi universitari erano affidati a Giorgio Vicinelli, il settore femminile ad Amalia Sirabella; il Fronte giovanile a Marcello Perina; delegato per il Comitato centrale era Biagio Pace e delegato per l’Alta Italia G. Luigi Gatti.

Iniziano a confluire e affiancarsi al partito ulteriori forze e organizzazioni parallele: il gruppo socialdemocratico di Orazio Bozzini; il Movimento italico; il Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori guidato da Roberto Mieville; la Federazione nazionale combattenti della Repubblica Sociale Italiana (Fncrsi); l’Associazione nazionale combattenti italiani in Spagna (Ancis); il Movimento italiano femminile; i nuclei universitari, tra i quali il Nucleo universitario romano e il gruppo universitario San Marco dell’Ateneo padovano.

Il 22 dicembre 1947 sarà promulgata la Costituzione repubblicana, dove al capo XII delle disposizioni transitorie e finali si legge:

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”.

Il MSI si presenta per la prima volta alle elezioni del 1948 e ottiene il 2,1 % alla Camera. I militanti del MSI sono ex esponenti del regime fascista e soprattutto reduci della Repubblica Sociale Italiana e occorre partire da li per capire la genesi e le trasformazioni di questo partito e più in generale la formazione della classe dirigente della destra italiana.

Il Manifesto di Verona, emanato il 14 Novembre 1943, durante il primo congresso del Partito Fascista Repubblicano, (nato dalle ceneri del Partito Nazionale Fascista), rappresenta l’atto di nascita della Repubblica Sociale di Salò e ne definisce il programma politico e i principi. I 18 punti della carta dichiaravano decaduta la Monarchia e convocano una costituente.

Si affermava che la base della Repubblica sociale e della dottrina economica del Partito Fascista Repubblicano è il lavoro (articolo 9); che la proprietà privata, frutto di lavoro e risparmio sarebbe stata garantita ma non si sarebbe dovuta per ciò trasformare in entità disgregatrice della personalità altrui sfruttandone il lavoro (articolo 10). Tutto ciò che era di interesse collettivo, da un punto di vista economico si sarebbe dovuto nazionalizzare (articolo 11). Nelle aziende sarebbe stata avviata e regolata la collaborazione tra maestranze e operai per la ripartizione degli utili e per la fissazione dei salari (articolo 12). In agricoltura le terre incolte o mal gestite sarebbero state espropriate e riassegnate a favore di braccianti e cooperative agricole (articolo 13). L’Ente Nazionale per la casa del popolo avrebbe avuto l’obbiettivo di fornire una casa in proprietà a tutti (articolo 15). Si sarebbe costituito un sindacato dei lavoratori, obbligatorio, e avrebbe riunito tutte le categorie (articolo 16). Ma all’articolo 7 anche che gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri.

Giano Accame:

“Sia la Repubblica Sociale sia il Movimento Sociale, sono una conferma di questo fondamentale dato di dignità del nostro paese, non era possibile che quelle punte così elevate di consenso che circondarono il fascismo e Mussolini non rimanesse più niente. Qualcuno doveva testimoniare. Purtroppo la repubblica sociale era caduta in questa trappola delle rappresaglie. Le rappresaglie dei fascisti contro i partigiani e la popolazione civile espressero troppo spesso una ferocia gratuita a dispetto dai principi contenuti nella Carta di Verona.”

L’amnistia Togliatti
Durante i primi anni dell’Italia Repubblicana gli ex gerarchi fascisti vivevano in clandestinità ed erano latitanti ricercati dalla legge. Tra questi vi era Giorgio Almirante, che visse un anno e mezzo in clandestinità tra Milano e Torino facendosi chiamare Giorgio Alloni. Un altro latitante eccellente era Pino Romuladi, ex vicesegretario del Partito Fascista della Repubblica di Salò, il più alto in grado tra i gerarchi sopravvissuti alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, su di lui pendeva una condanna a morte.

Il 22 giugno del 1946, Palmiro Togliatti, ministro della Giustizia del primo governo De Gasperi, vara la cosiddetta “amnistia Togliatti”: è la prima amnistia della storia repubblicana. L’intenzione del leader comunista era quella di pacificare il paese, ma il provvedimento finì per tradursi in un vero e proprio colpo di spugna per migliaia di fascisti, compresi i responsabili dei crimini più efferati. Il segretario comunista aveva varato un’amnistia “bipartisan“, che avrebbe dovuto comprendere anche i reati commessi dai partigiani ed escludere i reati peggiori, ma in realtà pochissimi uomini della resistenza beneficiarono del condono, mentre moltissimi criminali furono liberati per un vizio di formulazione del testo della legge.

Togliatti, laureato in giurisprudenza, aveva scritto personalmente la legge, senza neanche farla correggere dagli specialisti. Questo errore di presunzione lasciò molto campo all’interpretazione estensiva della magistratura, composta da uomini anziani e che avevano fatto carriera sotto il regime fascista. Grazie alla formula dell’amnistia che prevedeva l’esclusione “degli autori di sevizie particolarmente efferate”, i giudici poterono agevolmente interpretare il provvedimento in senso estensivo. Infatti la Corte di Cassazione di Roma amnistiarono persino chi aveva stretto nelle morse i genitali degli antifascisti perché la tortura non era durata particolarmente a lungo.

Circa diecimila persone beneficiarono del provvedimento soprattutto i gerarchi di più alto grado, che avevano i soldi a disposizione per pagare i migliori avvocati e per oliare i meccanismi della macchina giudiziaria. I 2/3 della base parlamentare del MSI sarà costituito da parlamentari amnistiati.

La nascita del Movimento Sociale
Il Movimento Sociale Italiano nasce ufficialmente il 26 dicembre del 1946, ma ha origine da piccoli gruppi di natura eversiva sempre sul crinale della legalità, che nascono sia nella zona occupata dai tedeschi sia in quella controllata dagli alleati dando vita a una sorta di resistenza a rovescia, l’esempio più noto è quello del gruppo del principe Valerio Pignatelli della Cerchiara che organizza sabotaggi nelle retrovie alleate in Calabria. (Colarizi).

La creazione vera e propria del partito è preceduta da un intenso dibattito su numerose riviste dell’area “post-fascista” che erano sorte in quel periodo “Rataplan”, “Rosso e nero”, “Senso nuovo”, “Il pensiero nazionale”, “Meridiano d’Italia”, “Brancaleone”, ‘Fracassa’, oltre al più noto e diffuso “Rivolta ideale” che diviene l’organo ufficioso del neonato partito, ma il MSI si afferma ben presto come il punto di riferimento di tutto l’ambiente nostalgico. Il Secolo d’Italia divenne ufficialmente giornale del partito solo nel 1963, quando l’allora segretario del MSI Arturo Michelini rilevò la società editrice del giornale, divenendone direttore. Il Secolo era stato fondato a Roma il 16 maggio 1952, come giornale indipendente di destra da Franz Turchi.

Il MSI si indirizza da subito verso una scelta di tipo legalitario, cercando d’inserirsi nel nuovo contesto politico. Il simbolo del partito, scelto nel 1947, è la “fiamma tricolore” l’emblema degli “arditi” della prima guerra mondiale. Nello stesso periodo viene promulgata la Costituzione Repubblicana (22 dicembre 1947), dove al capo XII delle disposizioni transitorie e finali si legge:

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”.

La Costituzione entra in vigore il primo gennaio 1948. Il Movimento Sociale si presenta per la prima volta alle elezioni l’8 aprile del 1948 ottenendo il 2,1 % alla Camera.

Domenico Fisichella:

“I missini erano persone che avevano fatto un certo tipo di scelta e avevano acquisito consapevolezza che l’Italia era cambiata, ma volevano, non restaurare, ma neanche dimenticare.”

Il dibattito interno al MSI si articolò nella prima fase nello scontro tra tre principali correnti: quella rivoluzionaria dei socializzatori reduci di Salò; quella moderata corporativista e quella tradizionalista – spiritualista di Julius Evola dal primo congresso che si svolse a Napoli nel 1948 al quinto che si tenne a Milano nel 1956 dove la conflittualità del dibattito fra le componenti raggiunse il culmine.

Al I Congresso di Napoli (27-29 giugno 1948), Almirante era stato acclamato segretario nazionale e aveva iniziato la sua opera di espansione del movimento. Nel gennaio 1950, Almirante lascia la segreteria del partito, che viene affidata ad Augusto De Marsanich, il quale cerca di dare al partito una fisinomia sempre più democratica, con programmi meno populisti rispetto alla gestione Almirante. Nel 1954 assume la segreteria Arturo Michelini che tenta la carta dell’inserimento nell’area di governo. La sinistra, tuttavia, non reagisce positivamente all’escalation di un partito costituito in prevalenza da ex-camicie nere: così mobilita migliaia di militanti a Genova (dove si impedisce lo svolgimento del VI Congresso del Movimento, 2-4 luglio), dando vita a moti di piazza particolarmente violenti, dove i protagonisti sono soprattutto ex-partigiani che si scontrano con i missini per cacciarli.

Nelle elezioni amministrative del 1947 e nelle politiche del 1948, il neopartito ottiene il 2% dei voti ed entra in parlamento, alla Camera con sei deputati (Almirante, Michelini, Roberti, Russo Perez, Mieville e Filosa) e al Senato con un senatore (Enea Franza). Negli anni Cinquanta assorbe parte dei voti in fuga dalla Dc, che con il riformismo dei governi De Gasperi ha scontentato l’elettorato conservatore. Grazie ai successi elettorali nelle amministrative del 1951, entra in numerosi governi locali, soprattutto nel sud, anche in città importanti come napoli, Bari, Lecce e Salerno. Nel 1953 raggiunge il 5,8% dei voti, con un largo consenso presso l’elettorato meridionale.

La legge Scelba
La “riorganizzazione del disciolto partito fascista”, già oggetto della XII disposizione transitoria della Costituzione italiana, diventa legge nel giugno del 1952 con la cosiddetta Legge Scelba, approvata dopo il risultato delle amministrative del ’51 ‘ e ’52, dove il MSI in alleanza con i Monarchici riesce ad avere successi molto significativi soprattutto nel mezzogiorno. In alcune zone i missini riescono a privare la DC di quasi di un 7% dei voti, e ad ottenere quasi il 14%.

L’articolo 4 sancisce il reato di “apologia di fascismo” commesso da chiunque:

“fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità” di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque “pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.

La legge detta norme bene precise:

“quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”

Almirante contro Michelini
Michelini è considerato dalla base del partito un benpensante, un uomo mite, mentre è Almirante a incarnare l’anima movimentista e carismatica. Michelini poi non aveva partecipato alla Repubblica Sociale di Salò. Nel 1946 Michelini propone al neonato MSI di allearsi con la Democrazia Cristiana e di avere una politica estera filo-statunitense, ma è messo in minoranza prima da Giorgio Almirante (col quale non aveva buoni rapporti) e poi da Augusto De Marsanich. Ma all’indomani delle elezioni politiche del 1953 (in cui il movimento raccolse il 5,8% dei voti) viene nominato segretario nazionale. Durante la sua segreteria cerca di far uscire il MSI dall’isolamento che si era venuto a creare, cercando alleanze prima con la DC, poi con il Partito Liberale Italiano e poi con i monarchici: in questa ottica deve essere visto l’appoggio dato al governo Tambroni.

All’interno del partito non è mancata la dialettica di posizioni tra il puro conservatorismo di De Marsanich e Michelini e il corporativismo di Almirante, tra la nostalgia della Repubblica sociale di Massi e Spampanato e l’esasperato nazionalismo di Rauti e Romualdi. Nel 1954, sotto la guida di Arturo Michelini, il MSI inizia a spostarsi su posizioni più moderate (accettazione del sistema parlamentare, appoggio all’europeismo e all’Alleanza Atlantica), e nel 1960 cerca di inserirsi nella maggioranza parlamentare, appoggiando il governo monocolore presieduto da Fernando Tambroni.

Nel 1956 Michelini accetta l’Alleanza Atlantica (NATO) e negli anni Sessanta si fece promotore di un’interpretazione corporativistica del capitalismo, che non venne comunque accettata dal centro-sinistra. Quando morì nel 1969 il partito affidò nuovamente l’incarico di segretario nazionale ad Almirante.

Il governo Tambroni e i fatti di Genova
Durante la segreteria di Michelini i voti in parlamento dell’MSI furono determinanti a garantire il sostegno ad un governo monocolore guidato dal democristiano Fernando Tambroni (25/03/1960 – 26/07/1960). Il MSI aveva già votato la fiducia ai governi Zoli e Segni II, ma stavolta il suo voto fu determinanto a sostenere l’esecutivo. All’inizio del mese di maggio del 1960 si diffuse la notizia che il MSI era in procinto di organizzare il suo congresso a Genova, città Medaglia d’Oro della Resistenza: la scelta di questa città da parte del movimento era intenzionalmente provocatoria. Da notare che presidente di quel congresso era stato nominato l’ex prefetto fascista Basile, fortemente indiziato di collaborazionismo con i nazisti. Immediatamente la protesta in Liguria esplose in manifestazioni e scioperi, ma a cavallo fra il giugno ed il luglio del 1960 vi furono anche in tutto il resto d’Italia violentissimi scontri di piazza con le forze dell’ordine. A Genova furono chiamati funzionari esterni della Polizia e dei Carabinieri e i Reparti Celere si trovarono di fatto ad ingaggiare nei caruggi una sorta di guerriglia urbana coi manifestanti. I manifestanti stavano prendendo il sopravvento costringendola Polizia a ripiegare e fu necessaria una soluzione politica per riportare l’ordine. Al MSI fu impedito di tenere quel congresso; gli scontri successivi, particolarmente a Roma e Palermo, non furono meno violenti e provocarono una decina di morti, culminando con la strage di Reggio Emilia il 7 luglio 1960. In seguito ai fatti di Genova il governo Tambroni fu costretto alle dimissioni il 26 luglio 1960.

Nella contraddizione tra recupero della tradizione e spinta della modernità porta IL MSI a una crisi, alla morte di Michelini succede alla segreteria del partito Giorgio Almirante. Ma dopo la caduta del governo Tambroni e in seguito ai fatti di Genova, il MSI è emarginato dalla scena politica. Neanche il ritorno alla segreteria di Giorgio Almirante riesce a migliorare questa situazione. In questo periodo viene coniata la locuzione “arco costituzionale” per indicare tutti I partiti meno il MSI (la locuzione però si fondava anche sul rigetto, da parte del movimento, dei valori antifascisti contenuti nella Carta). Negli anni successivi il MSI sarà tenuto al bando dalla vita politica nazionale.

Sono anni questi in cui il MSI stringe un’alleanza elettorale (1955) con il Partito nazionale monarchico e appoggia dall’esterno i governi Zoli (1957), Segni (1959) e Tambroni (1960), come si è detto. Dopo la caduta di tale ministero in seguito ad agitazioni popolari, il MSI viene progressivamente emarginato dalla scena politica. Negli anni 60 dunque il movimento torna all’opposizione, intensificata durante gli anni del centrosinistra.

L’avvento del centrosinistra, nel 1962, provoca il rafforzamento, all’interno del partito, della corrente intransigente capeggiata da Almirante. Alla fine degli anni Sessanta, il partito sembra destinato ad un lento e inesorabile declino, ma nel clima turbolento del 1968 e con il nuovo segretario, Giorgio Almirante, succeduto a Michelini, riaffiorano le possibilità di ripresa. Il MSI adotta così la cosiddetta linea perbenista, ovvero quella di prendere nettamente le distanze dai contestatori e, anzi, di combatterli frontalmente sul piano ideale. Scelta forse un po’ azzardata, visto che tale strategia regala alla sinistra centinaia di migliaia di giovani che a destra non trovano nessuna alternativa alla contestazione, se non nelle frange estreme.

Cercando di farsi portavoce di un movimento alternativo al sistema, capace di attrarre la protesta contro la violenza ed il disordine del ’68, il MSI riesce ad assorbire ciò che rimane del Partito di unità monarchica (Pdium). Sono anni particolarmente duri per il partito, ormai ampiamente inserito nei ranghi istituzionali: la strage di piazza Fontana, l’avvento del terrorismo e degli anni di piombo, l’antifascismo militante.

Con le elezioni del 1972, presentandosi sotto l’etichetta di Msi-Destra nazionale, ottiene l’8,7% dei voti, facendo appello alla cosiddetta «maggioranza silenziosa». Le profonde radici ormai messe su tutto il territorio del paese, la paura dell’eversione rossa e la crisi di quegli anni sono gli ingredienti di questo successo, assai gratificante per tutti i militanti che si sono prodigati per ottenerlo. Sono gli anni della rivolta di Reggio Calabria, quando nel capoluogo calabro, al grido di “Boia chi molla”, il MSI e la Cisnal guidano una sommossa popolare come risposta all’assenza delle istituzioni in quella città. Ma sono soprattutto gli anni delle violenze e delle repressioni. A pagarne le conseguenze sono i giovani: decine i ragazzi del Fronte della Gioventù assassinati, centinaia gli aggrediti, migliaia coloro i quali sono cacciati dalle scuole dalle università e dalle piazze. Una repressione senza precedenti alla quale tuttavia, la gioventù e il MSI hanno saputo resistere, nonostante i lutti e le violenze.

Tra il 1975 ed il 1979, si verifica un progressivo ridimensionamento dei consensi elettorali. Nel 1977, avviene la rottura dell’unità interna, con l’uscita dal partito dell’ala moderata, che dà vita al gruppo di Democrazia nazionale, guidato da Gianni Roberti ed Ernesto De Marzio. La nuova formazione ha vita breve: presentatasi autonomamente alle elezioni del 1979, non ottiene alcun successo elettorale e si scioglie. Nel 1978, il segretario Almirante, in vista delle elezioni europee, promuove l’Eurodestra, collegandosi con il movimento spagnolo Forza Nuova e con la destra francese. Nel 1987, poco prima della morte di Almirante, la segreteria del partito passa al suo pupillo Gianfranco Fini, ex segretario del Fronte della gioventù.

La morte di Almirante è un duro colpo alla stabilità del MSI (all’epoca in crisi) che decide di giocare il tutto per tutto sull’ultimo dei leader storici rimasti in vita, Pino Rauti (dopo una breve segreteria Fini). Rauti non riesce nell’intento di ottenere larghi consensi dai delusi della sinistra a seguito del crollo del muro di Berlino (1989), così la sua strategia naufraga assieme alla sua segreteria (1990-91). Dopo il disastroso esito delle elezioni regionali siciliane del giugno 1991, Rauti è costretto a dimettersi, lasciando spazio al ritorno di Gianfranco Fini alla segreteria nazionale.

Fini riesce ad ottenere un risultato sostanzialmente positivo alle elezioni politiche del 1992 grazie ad un’accesa campagna contro la corruzione e il malfunzionamento della cosa pubblica. La nuova leadership orienta il MSI negli anni Novanta verso una trasformazione che lo rende il punto di riferimento per l’elettorato conservatore dopo la crisi della Dc e dei partiti di centro. Il partito approfitta dello scandalo di Tangentopoli, che mette a nudo cosa hanno significato 50 anni di potere demo-socialista e ottiene clamorosi successi alle elezioni. A Roma e a Napoli i due candidati missini, rispettivamente Gianfranco Fini e Alessandra Mussolini, giungono al ballottaggio nelle amministrative del 1993, anche se poi sono sconfitti di misura dai candidati progressisti. Mettendo in secondo piano l’anima fascista del partito, Fini si fa paladino delle riforme istituzionali e della fondazione di una “seconda repubblica” in Italia, con caratteristiche presidenzialistiche; lavora per realizzare un processo di trasformazione del Movimento sociale in una nuova formazione politica, d’impostazione più moderata, il cui scopo dichiarato è quello di arginare il potere delle forze di sinistra. Il suo paziente lavoro di alleanze sfocia, nei primi mesi del 1994 nella costituzione di una coalizione di centro-destra con la neonata Forza Italia. Nel gennaio del 1994 si tiene la prima Assemblea costituente di Alleanza nazionale, la nuova formazione che nel 1995 prende ufficialmente il posto del Movimento sociale all’interno dello scenario politico italiano.

Presentatosi alle elezioni politiche del 1994, insieme a Forza Italia di Silvio Berlusconi, al Centro cristiano democratico di Mastella e Casini, e all’Unione di centro liberale, il Movimento sociale-Alleanza nazionale ottiene il 13,5% dei voti con 43 senatori e 105 deputati. Ed entra a far parte del governo per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana.

Alla fine di gennaio 1995 il XVII Congresso del MSI sancisce ufficialmente la nascita di Alleanza nazionale, il cui simbolo è la storica fiamma del vecchio Movimento, sebbene di dimensioni ridotte.

Congressi nazionali del Movimento sociale italiano (1948-1995):
I Congresso nazionale, Napoli 27-29 giugno 1948.
II Congresso nazionale, Roma 29-30 giugno – 1-2 luglio 1949.
III Congresso nazionale, L’Aquila 26-28 luglio 1952.
IV Congresso nazionale, Viareggio 9-11 gennaio 1954.
V Congresso nazionale, Milano 24-26 novembre 1956.
VI Congresso nazionale, Genova 2-4 luglio 1960.
VII Congresso nazionale, Roma 2-4 agosto 1963.
VIII Congresso nazionale, Pescara giugno 1965.
IX Congresso nazionale, Roma novembre 1970.
X Congresso nazionale, Roma 18-21 gennaio 1973.
XI Congresso nazionale, Roma 13-16 gennaio 1977.
XII Congresso nazionale, Napoli 5-7 ottobre 1979.
XIII Congresso nazionale, Roma 18-21 febbraio 1982.
XIV Congresso nazionale, Roma 29 novembre – 2 dicembre 1984.
XV Congresso nazionale, Sorrento 10-13 dicembre 1987.
XVI Congresso nazionale, Rimini 11-15 gennaio 1990.
XVII Congresso nazionale, Fiuggi, 22 gennaio – 2 febbraio 1995.

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